

The Dark Side of the Moon
L’ottavo disco registrato in studio dai Pink Floyd venne pubblicato il primo marzo del 1973 negli Stati Uniti dalla Capitol Records e il 23 dello stesso mese nel Regno Unito dalla Harvest Records. E da allora e` un pezzo fondamentale di storia del rock.
David Foster Wallace, pace all’anima sua, in epoca pre social ha scritto pagine interessanti sul rapporto anomalo tra scrittore e televisione. Laquale rappresentava un modo sicuro e facile, dal suo punto di vista, per poter guardare il mondo e soprattutto gli uomini senza per questo doversi esporre allo sguardo altrui, vedere tutto seduti in poltrona, senza essere visti.Parole che oggi – DFW ha deciso di lasciarci nel 2008 – suonano vintage, perche´ nel mentre tutto e` diventato differente, iperconnesso, paritario. Viviamo, infatti, in una costante richiesta di esporci, di mostrarci, di esserci. Tutto sembra ben visibile, ma nei fatti manca quasi del tutto l’analisi, l’approfondimento, insomma quello sguardo di cui parlava David Foster Wallace: uno sguardo con un’ottima visuale e che al tempo stesso ci tenga al riparo da sguardi indiscreti e indagatori.
Fondati a Londranel 1965 e attivifino alla meta` degli anni Novanta, i Pink Floyd sono uno dei gruppi musicali piu` importanti di sempre. La prima formazione comprendeva Roger Waters, Nick Mason, Richard Wright e Syd Barrett. A quest’ultimo gia` nel 1968 subentro` – alla voce e alla chitarra – David Gilmour, a completare il quartetto.
L'uomo, quindi, e la sua costante domanda sul senso della vita.Esiste un lavoro, un’opera vagamente attempata ma assolutamente attualissima, che si prende la briga di cristallizzare quello sguardo sull’uomo, speculando sul limite incerto che distingue la follia dalla ragione.E` The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd, ottavo lavoro di studio della band inglese, loro piu` fulgido successo con oltre cinquanta milioni di copie vendute e quasi quattordici anni consecutivi di permanenza nella Top200 di Billboard, la classifica di vendite degli album negli USA, record mai superato e, oserei supporre, mai piu` superabile.
Un album che e` tutto incentrato sul contrasto tra la pazzia e la ragione, come tra la vita e la morte, con lo spettro di Syd Barrett, ex leader della band ai tempi ritiratosi a vita privata proprio a causa di una malattia mentale, a giocarla da padrona. Ma che e` al tempo stesso anche una specie di Bignami su quelle domande e le relative risposte.Un lavoro che, diretto da Roger Waters – fino alla sua dipartita leader indiscusso del gruppo proprio dopo l’addio coatto di Barrett, non solo a livello musicale ma anche lirico e immaginifico – sara` il suo testamento artistico a tal riguardo e vede la firma di tutti e quattro i componenti del gruppo: Waters a fare la parte del leone (suoi quasi tutti i testi) e David Gilmour, Richard Wright e Nick Mason a fare la loro parte; con l’extra di Alan Parsons, incredibile tecnico del suono, a firmare lo strumentale Any Colour You Like. Ma come in poche altre opere nella storia del rock qui appare unitario, per stile e resa, il cammino dell’uomo verso le risposte alle proprie domande, innate o razionali, che scandiscono ogni singola canzone: gli apici di Breathe e The Great Gig in the Sky con yin e yang di vita e morte, spalleggiate dai due classici Money e Time, a certificare uno stato di grazia che pochi altri gruppi hanno saputo anche lontanamente sfiorare.Un lavoro, The Dark Side of the Moon – titolo epico, diretto, capace di sintetizzare l’essenza di un’opera – che trova nella sua copertina un ulteriore punto di forza. Parliamo del resto di un’epoca nella quale i dischi erano ancora tali, pubblicati in vinile e con cover e grafiche studiate con cura, parte integrante dell’opera, a giocarsela con i brani e i suoni.
Lo sfondo nero, uniforme, al centro del quale si trova il prisma, se ne sta li` a trasformare un raggio di luce solitario nell’ arcobaleno. L’ uno che si fa tutto, evidenziando le particolarita` di ognuno, perche´ nessuno e` uguale a nessuno, e al tempo stesso – questo mostrera` il retro di copertina, a parti inverse – il tutto che si fa uno, l’inessenziale che si fa essenza, la diversita` che diventa irrilevante di fronte alla scrupolosa attenzione del mondo, il mistero della vita.Una copertina, apparsa sul pianeta Terra il 24 marzo del 1973, quasi cinquant’anni fa, che ancora oggi viene indicata come una delle piu` riuscite nella storia del rock, una di quelle di maggior impatto.De resto un concept album – questo e` The Dark Side of the Moon, il primo di Waters e soci – ancora piu` di un qualsiasi disco necessita di una cornice idonea, capace di comunicare anche a uno sguardo distratto, non dotato quindi della volonta` di vedere davvero.
In realtà non c'è nessun lato oscuro della luna. Di fatto è tutta scura. L’unica cosa che la fa sembrare luminosa è il sole.
Jerry O’Driscoll
Torniamo quindi a David Foster Wallace, e allo sguardo comodo e immediato alla follia del mondo. Proprio mentre sto scrivendo queste parole, la classifica di vendita dei dischi italiani e` una perfetta polaroid di questa follia. E` la finestra alla quale mi affaccio quotidianamente, sicuro di non essere guardato. Ho scelto di occuparmi di musica anche per questo, per cercare il panorama che fosse il piu` confacente possibile al mio sguardo.
Certo, lo e` gia` in partenza (una follia), per il semplice fatto che la discografia continua a prendere il nome da un oggetto, il disco, da tempo sparito dal mercato – lo streaming nel mentre giunto a rendere vaporizzata la musica gia` resa liquida dagli MP3 –, ma lo e` ancor piu` per quel che mette in evidenza, senza palesare alcuna vergogna.In una qualsiasi settimana degli ultimi anniai primi posti ho trovato una pletora di artisti dai nomi improbabili, da Sangiovanni aRkomi, passando per Ernia o i Gazzelle, tutti italianissimi, tutti o quasi usciti da quella grande truffa del rock ’n’ roll che si chiama talent. Pochi titoli stranieri, come se l’egemonia anglofona fosse terminata, i barbari ricacciati oltre confine. Artisti con piu` di un album in classifica. Lo streaming e` a vantaggio di pochi generi: la trap,il reggaeton, l’indie.Qualcosa di profondamente sconfortante, e non tanto per una questione generazionale.
Parlo proprio della constatazione di come la musica si sia negli anni svuotata di senso e di artisticita`. Bene: nonostante questo, da anni, superate le prime cinquanta posizioni arriva sempre una sorpresa. Sorpresa che, a questo punto, tale non e`, visto che e` una specie di costante. Trail sessantesimo e il settantesimo posto non manca infatti The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd, mai uscito dalla nostra top 100 da che e` arrivato sul mercato, e comunque sempre presente da che la FIMI si prende agio di stilare la classifica.Non tutto e` perduto, viene da pensare, altro che il ritorno del rock grazie ai Ma°neskin.O quantomeno, se anche tutto dovesse alla fine perdersi, sara` pur sempre con una idonea colonna sonora.